Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato - C.F. 80224030587, Fax 06/96514000 e PEC roma@mailcert.avvocaturastato.it, presso i cui uffici ex lege domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12, nei confronti della regione Abruzzo, in persona del Presidente della giunta regionale pro-tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 1; 3, commi 1, 5, 6, 7, 8 e 9; e 4 della legge regionale Abruzzo n. 6 del 4 gennaio 2014, recante «Modifica alle leggi regionali 8 febbraio 2005, n. 6, art. 202, 3 marzo 2005, n. 23, art. 21 e 9 novembre 2005, n. 33 (Iniziative a favore del centro regionale di audiologia) e norme per la formazione di massaggiatore e di capo bagnino degli stabilimenti idroterapici», pubblicata nel B.U.R. n. 3 del 10 gennaio 2014, giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 7 marzo 2014. Con la legge regionale n. 6 del 4 gennaio 2014 indicata in epigrafe, che consta di sei articoli, la regione Abruzzo ha modificato le citate leggi regionali in tema di iniziative a favore del centro regionale di audiologia e ha emanato norme per la formazione di massaggiatore e di capo bagnino degli stabilimenti idroterapici. E' avviso del Governo che, con le norme denunciate in epigrafe, la regione Abruzzo abbia ecceduto dalla propria competenza in violazione della normativa costituzionale, come si confida di dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti M o t i v i 1. Gli articoli 1 e 3, commi 1, 5, 6, 7, 8 e 9, della legge regione Abruzzo n. 6/2014 violano l'art. 117, comma 3, e l'art. 120 della Costituzione. 1. La legge della regione Abruzzo 4 gennaio 2014, n. 6 citata, recante «Modifica alla legge regionale 8 febbraio 2005, n. 6, art. 202, alla legge regionale 3 marzo 2005, n. 23, art. 21 e alla legge regionale 9 novembre 2005, n. 33 (Iniziative a favore del centro regionale di audiologia) e norme per la formazione di massaggiatore e di capo bagnino degli stabilimenti idroterapici», presenta evidenti profili di illegittimita' costituzionale 4. Occorre, innanzitutto, premettere che la regione Abruzzo, per la quale e' stata verificata una situazione di disavanzi nel settore sanitario tale da generare uno squilibrio economico-finanziario che compromette l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, ha stipulato il 6 marzo 2007 un accordo con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze, comprensivo del Piano di rientro dal disavanzo sanitario, che prevede una serie di interventi da attivare nell'arco del triennio 2007-2009 finalizzati a ristabilire l'equilibrio economico e finanziario della regione nel rispetto dei livelli assistenziali di assistenza, ai sensi dell'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge finanziaria 2005). La regione Abruzzo, non avendo realizzato gli obiettivi previsti dal Piano di rientro nei tempi e nelle dimensioni di cui all'art. 1, comma 180, della legge n. 311/04 citata, nonche' dell'intesa Stato - regioni del 23 marzo 2005, e dai successivi interventi legislativi in materia, e' stata commissariata ai sensi dell'art. 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, in legge 29 novembre 2007, n. 222 in attuazione dell'art. 120 della Costituzione, nei modi e nei termini di cui all'art. 8, comma 1, della legge 5 marzo 2003, n. 131, contenente le «Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Nella seduta dell'11 settembre 2008, infatti, il Consiglio dei ministri ha deliberato la nomina di un commissario ad acta per la realizzazione del vigente piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario della regione Abruzzo e, nella seduta del 12 dicembre 2009, il commissario ad acta e' stato individuato nella persona del Presidente della regione pro-tempore. Successivamente, ai sensi dell'art. 2, comma 88, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, contenente le «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2010), il commissario ad acta, con la delibera n. 44/2010 del 3 agosto 2010, ha approvato il Programma operativo 2010 (successivamente integrato con la delibera n. 77/2010 del 22 dicembre 2010) con il quale da' prosecuzione al Piano di rientro 2007-2009. 2. L'art. 1, comma 1, lett. a) e b), della legge regionale n. 6/14, indicata in epigrafe, recante, come recita la rubrica stessa dell'articolo, le «finalita'» della legge, rende gratuita per l'utenza la fornitura di pile monouso o ricaricabili per gli impianti cocleari, nonche' la fornitura di parti di ricambio e di pile monouso o ricaricabili per le protesi a processore impiantabili nell'orecchio medio. Il successivo art. 3, nel descrivere in maniera piu' dettagliata gli interventi enunciati dalle lett. a) e b) del citato art. 1, prevede, ai commi l e 5, che i livelli essenziali delle prestazioni attinenti alla manutenzione, riparazione o sostituzione di parti della componente esterna dell'impianto cocleare stabiliti dall'art. 6 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 marzo 2007 (recante «Modifica del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, recante: «Definizione dei livelli essenziali di assistenza») siano integrati dai seguenti interventi: erogazione gratuita, a carico del Servizio sanitario regionale, delle prestazioni concernenti la manutenzione, la riparazione, la sostituzione o aggiornamento tecnologico del sistema di alimentazione per impianto cocleare, ivi ricompresa la fornitura di batterie monouso o ricaricabili (comma 1); effettuazione gratuita (oltre che della manutenzione di impianti cocleari di cui al menzionato art. 6 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 marzo 2007) anche della manutenzione, riparazione, sostituzione o aggiornamento tecnologico di componenti esterne per tutte le protesi a processore digitale impiantabili nell'orecchio medio con codici riconducibili alla tabella gia' in essere per gli impianti cocleari, comma 5. Con riferimento alle disposizioni regionali sopra citate, si rileva che il menzionato art. 6 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 marzo 2007 prevede, tra i livelli essenziali, soltanto la manutenzione e la sostituzione di componenti esterne di impianti cocleari, non gia' delle batterie o dei sistemi di alimentazione, ne' contempla la manutenzione o sostituzione di impianti diversi da quelli cocleari. Le disposizioni regionali in esame, pertanto, disponendo interventi che esorbitano dalle prestazioni di cui al richiamato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, contrastano con il principio, enunciato dalla Corte costituzionale, con la recente sentenza n. 104/2013, secondo il quale «l'assunzione a carico del bilancio regionale di oneri aggiuntivi per garantire un livello di assistenza supplementare si pongono in contrasto con gli obiettivi di risanamento del Piano di rientro». In base a tale statuizione, le citate norme regionali violano «il principio di contenimento della spesa pubblica sanitaria, quale principio di coordinamento della finanza pubblica e, in definitiva, l'art. 117, terzo comma, Cost.». In particolare, il principio di coordinamento della finanza pubblica leso dalle disposizioni regionali in esame, e' contenuto nell'art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191/2009 citata, ai sensi del quale «Gli interventi individuati dal piano di rientro sono vincolanti per la regione, che e' obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro». Inoltre, in considerazione del fatto che la regione e' sottoposta a commissariamento, la norma regionale in esame viola, altresi', l'art. 120, in particolare, il comma 2, della Costituzione, in quanto interferisce con le attribuzioni del commissario quale organo del Governo. A tal riguardo, come precisato dalla costante giurisprudenza costituzionale, ribadito anche dalla citata sentenza n. 104/2013, «l'operato del commissario ad acta, incaricato dell'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la regione interessata, sopraggiunge all'esito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti ad un'attivita' che pure e' imposta dalle esigenze della finanza pubblica. E', dunque, proprio tale dato - in uno con la constatazione che l'esercizio del potere sostitutivo e', nella specie, imposto dalla necessita' di assicurare la tutela dell'unita' economica della Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual e' quello alla salute - a legittimare la conclusione secondo cui le funzioni amministrative del commissario [...] devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali» (Sentenze n. 28 del 2013 e n. 78 del 2011). Inoltre, «la semplice interferenza da parte del legislatore regionale con le funzioni del commissario ad acta, come definite nel mandato commissariale, determina di per se' la violazione dell'art. 120, secondo comma, Cost. (Sentenza n. 28 del 2013; nello stesso senso, sentenza n. 2 del 2010)». 3. L'art. 1, comma 1, lett. c) e d), della legge regionale n. 6/14 citata prevede la maggiorazione delle tariffe dovute alle strutture sanitarie per le procedure di impianto cocleare e per le procedure di protesi a processore impiantabile nell'orecchio medio, i cui importi sono originariamente stabiliti rispettivamente dai DRG 49 e del DRG 55. Tali disposizioni sono ulteriormente specificate dall'art. 3, commi 6 e 7, che definisce gli importi delle tariffe relative alle procedure di impianto cocleare e alle procedure di impianto di apparecchio acustico elettromagnetico, maggiorandole rispetto a quelle stabilite a livello statale dai DRG 49 e 55. Le predette disposizioni, stabilendo un incremento di spesa nel settore sanitario, sono incompatibili con la posizione della regione, soggetta al piano di rientro, e con l'impegno, sancito nel piano, a risanare il disavanzo finanziario. Questo principio e' sancito dall'art. 15, commi 15 e 17 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135. In particolare, il comma 15 citato stabilisce che «In deroga alla procedura prevista dall'art. 8-sexies, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, in materia di remunerazione delle strutture che erogano assistenza ospedaliera ed ambulatoriale a carico del servizio sanitario nazionale, il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, entro il 15 settembre 2012, determina le tariffe massime che le regioni e le province autonome possono corrispondere alle strutture accreditate, di cui all'art. 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, sulla base dei dati di costo disponibili e, ove ritenuti congrui ed adeguati, dei tariffari regionali, tenuto conto dell'esigenza di recuperare, anche tramite la determinazione tariffaria, margini di inappropriatezza ancora esistenti a livello locale e nazionale». Il comma 17 del medesimo art. 15 citato, invero, chiarisce che «gli importi tariffari, fissati dalle singole regioni, superiori alle tariffe massime di cui al comma 15 restano a carico dei bilanci regionali. Tale disposizione si intende comunque rispettata dalle regioni per le quali il Tavolo di verifica degli adempimenti, istituito ai sensi dell'art. 12 dell'intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano nella seduta del 23 marzo 2005, abbia verificato il rispetto dell'equilibrio economico-finanziario del settore sanitario, fatto salvo quanto specificatamente previsto per le regioni che hanno sottoscritto l'accordo di cui all'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e successive modificazioni su un programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio sanitario regionale, per le quali le tariffe massime costituiscono un limite invalicabile». Il principio sopra enunciato e' ribadito dall' art. 5, comma 2, del decreto ministeriale 18 ottobre 2012 (recante «Remunerazione prestazioni di assistenza ospedaliera per acuti, assistenza ospedaliera di riabilitazione e di lungodegenza post acuzie e di assistenza specialistica ambulatoriale»), attuativo del predetto art. 15 del decreto-legge n. 95/2012 citato. Le disposizioni regionali in esame si pongono, pertanto, in contrasto sia con il principio di coordinamento della finanza pubblica sopra enunciato di cui all'art. 15, commi 15 e 17, del decreto-legge n. 95/2012 citato, sia, piu' in generale con il principio di coordinamento della finanza pubblica contenuto nell'art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191/2009 citata, ai sensi del quale «Gli interventi individuati dal piano di rientro sono vincolanti per la regione, che e' obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro». Inoltre, in considerazione del fatto che la regione e' sottoposta a commissariamento, la norma regionale in esame viola, altresi', l'art. 120 della Costituzione, in quanto interferisce con le attribuzioni del commissario quale organo del Governo per i motivi gia' enunciati al precedente punto 2. (pagg. 6-7). Va ribadito che, come precisato dalla costante giurisprudenza costituzionale, da ultimo anche dalla citata sentenza n. 104/2013, «l'operato del commissario ad acta, incaricato dell'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la regione interessata, sopraggiunge all'esito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti ad un'attivita' che pure e' imposta dalle esigenze della finanza pubblica. E', dunque, proprio tale dato - in uno con la constatazione che l'esercizio del potere sostitutivo e', nella specie, imposto dalla necessita' di assicurare la tutela dell'unita' economica della Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual e' quello alla salute - a legittimare la conclusione secondo cui le funzioni amministrative del commissario [...] devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali» (Sentenze n. 28 del 2013 e n. 78 del 2011). Inoltre, «la semplice interferenza da parte del legislatore regionale con le funzioni del commissario ad acta, come definite nel mandato commissariale, determina di per se' la violazione dell'art. 120, secondo comma, Cost. (Sentenza n. 28 del 2013; nello stesso senso, sentenza n. 2 del 2010)». 4. L'art. 1, comma 1, lett. e) ed f), della legge regionale n. 6/14 citata stabilisce l'erogazione di fondi per il buon funzionamento del centro regionale di audiologia e il riconoscimento di quest'ultimo come centro di riferimento regionale. A tal fine il successivo art. 3, ai commi 8 e 9, dispone la sovvenzione di 150.000 euro per il Centro regionale di audiologia di Pescara e il riconoscimento del Centro stesso come Centro di riferimento regionale. Tali disposizioni contrastano con i predetti principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 2, commi 80 e 95 della legge n. 191/2009 citata, nonche' con le attribuzioni del commissario ad acta, violando, conseguentemente, l'art. 117, comma 3, della Costituzione e l'art. 120 della Costituzione. Cio' anche in considerazione del fatto che la copertura finanziaria delle citate norme regionali viene individuata, ai sensi dell'art. 5, in una quota parte delle risorse stanziate per il «Finanziamento regionale di parte corrente connesso al Servizio sanitario nazionale». Va ricordato, infatti, che «il coordinamento della finanza pubblica, cui fa riferimento l'art. 117, comma terzo, della Costituzione, e', piu' che una materia, una funzione che, a livello nazionale, e quanto alla finanza pubblica nel suo complesso, spetta allo Stato.» (Sentenza n. 414/2004). 2. L'art. 4 della legge regione Abruzzo n. 6/2014 viola l'art. 117, comma 3, della Costituzione. L'art. 4, disciplina i percorsi formativi di massaggiatore e di capo bagnino degli stabilimenti idroterapici. Il comma 1 prevede che «la regione Abruzzo provvede alla formazione per l'esercizio dell'arte ausiliaria di massaggiatore e di capo bagnino degli stabilimenti idroterapici di cui alla legge 23 giugno 1927, n. 1964, recante la disciplina delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie, ed il R.D. 31 maggio 1928, n. 1334 attraverso l'organizzazione di corsi e delle relative attivita' didattico formative, nel rispetto del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265». Il comma 2 del medesimo articolo, integrato dall'allegato A alla legge regionale, stabilisce il percorso formativo, specificandone la durata, i requisiti necessari per l'accesso alla frequenza dei corsi, i requisiti delle strutture pubbliche e private necessari per ottenere l'autorizzazione ad effettuare i corsi e le modalita' di valutazione finale. La specifica finalita' di abilitazione all'esercizio della professione di massaggiatore-capo bagnino degli stabilimenti idroterapici, l'individuazione dei requisiti necessari per la relativa frequenza e delle modalita' di valutazione finale escludono che il comma 2 in esame sia riconducibile alla materia residuale della «formazione professionale» (come definita dalla sentenza n. 50/2005; e anche dalle sentenze n. 51 e n. 175 del 2005). Esse dimostrano che il predetto comma 2 si propone, invece, la finalita' - diversa ed ulteriore rispetto a quella propriamente formativa - di disciplinare una specifica figura professionale sociosanitaria, regolandone le modalita' di accesso e cosi' incidendo sul relativo ordinamento didattico (Sentenza n. 82/1997). L'impianto generale, il contenuto e lo scopo della legge regionale n. 6/14 citata inducono, pertanto, a ritenere che il suo oggetto debba essere ricondotto alla materia concorrente delle «professioni» di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione e, in particolare, alla materia delle professioni sanitarie. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 319 del 2005, ha ritenuto incostituzionale della legge della regione Abruzzo 23 gennaio 2004, n. 2, recante «Istituzione corsi di formazione professionale per l'esercizio dell'arte ausiliaria della professione sanitaria di massaggiatore-capo bagnino degli stabilimenti idroterapici», perche' violava i limiti di competenza regionale in materia di professioni sanitarie. Nell'ambito di tale materia, infatti, le regioni possono legiferare, ma nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dallo Stato. In base alla giurisprudenza costituzionale che puo' dirsi ormai consolidata, infatti, l'individuazione di nuove figure professionali, dei loro contenuti, dei titoli per accedervi e dei relativi ordinamenti didattici attiene alla definizione dei principi fondamentali in materia di professioni, e' riservata alla potesta' legislativa dello Stato, mentre alle regioni e' consentita solo l'emanazione della normativa di dettaglio nell'ambito della predetta legislazione statale di principio e, esclusivamente, per quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realta' regionale (Sentenze n. 40/2006; n. 222/2008; n. 93/2008; n. 131/2010). Deve concludersi, quindi, che «non e' nei poteri delle regioni dar vita a nuove figure professionali (Sentenze n. 300 e n. 57 del 2007, n. 424 e n. 153 del 2006) non rilevando, a tal fine, che esse rientrino o meno nell'ambito sanitario (Sentenza n. 355 del 2005)». Cio' appare ancora piu' evidente nel settore sanitario, dove la materia delle professioni si intreccia inevitabilmente con quella della tutela della salute, anch'essa rientrante nell'ambito della potesta' legislativa concorrente, entro la quale lo Stato e' chiamato a definire i principi fondamentali. Appare pertinente, sul punto, richiamare la sentenza n. 353/2003, nella quale viene posto in evidenza come, pur nell'evoluzione che la disciplina relativa alle professioni sanitarie ha conosciuto nel corso del tempo, l'individuazione delle figure professionali e la definizione dei relativi profili e ordinamenti didattici sono sempre state rimesse allo Stato. Rileva, infatti, la Corte costituzionale che «gia' il r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, assoggettava a vigilanza statale, tra l'altro, l'esercizio delle professioni sanitarie e delle "arti ausiliarie delle professioni sanitarie", stabilendo l'obbligo del conseguimento del rispettivo titolo di abilitazione professionale». La Corte evidenzia, inoltre, che dopo l'entrata in vigore della Costituzione la disciplina delle funzioni relative all'esercizio delle professioni sanitarie e delle relative professioni ed arti ausiliarie e' stata riservata, ai sensi dell'art. 117, nell'ambito della materia «assistenza sanitaria», alla competenza statale, anziche' a quella regionale (Sentenza n. 82/1997), da una serie di atti legislativi, tra cui il d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, la legge 23 dicembre 1978, n. 833, il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112. In particolare, il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, all'art. 6, comma 3, riservando alla competenza statale il relativo potere, ha previsto che le figure professionali da formare ed i connessi profili, nonche' i rispettivi ordinamenti didattici siano definiti da apposite disposizioni, secondo un principio, che e' stato, poi, confermato dall'art. 124, comma 1, lettera b), del citato d.lgs. n. 112 del 1998, nonche' dall'art. 1, comma 2, della legge 26 febbraio 1999, n. 42, il quale ha stabilito che «il campo proprio di attivita' e di responsabilita' delle professioni sanitarie» e' determinabile in base alle specifiche norme istitutive dei relativi profili professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario. La legge 10 agosto 2000, n. 251, infine, ha incluso le diverse figure professionali sanitarie, di cui al citato art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 502/, e successive modificazioni, in distinte fattispecie qualificatorie. A seguito dell'entrata in vigore delle modifiche al Titolo V della Costituzione, la disciplina de qua e' da ricondurre, come gia' detto, nell'ambito della competenza concorrente in materia di «professioni», di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione. Come statuito dalla Corte costituzionale, «i relativi principi fondamentali, non essendone stati, fino ad ora, formulati dei nuovi, sono pertanto da considerare quelli, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. sentenze n. 201 del 2003 e n. 282 del 2002), risultanti dalla legislazione statale gia' in vigore». In conclusione, «non pare quindi dubbio che, anche oggi, la potesta' legislativa regionale in materia di professioni sanitarie debba rispettare il principio, gia' vigente nella legislazione statale, secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili ed ordinamenti didattici, debba essere riservata allo Stato». Con specifico riferimento alle suddette figure del massaggiatore e del capo bagnino negli stabilimenti idroterapici, si deve ribadire che, nonostante la citata legge n. 1264/1927 contempli ancora tali figure, i relativi ordinamenti professionali non possono considerarsi, nella sostanza, definiti, stante l'assenza dei provvedimenti statali di disciplina dei rispettivi ordinamenti didattici. Non puo', dunque, ritenersi ammissibile la regolamentazione differenziata, da parte delle regioni, di una figura professionale che sostanzialmente non e' stata definita, ancorche' formalmente prevista dalla legge statale. D'altronde, anche la giurisprudenza amministrativa si e' attestata su tali conclusioni. Il Consiglio di Stato, infatti, con la sentenza n. 3410/2013, ha precisato che «successivamente alla riforma del Titolo V della Costituzione, nella materia delle professioni, rientrante nella competenza legislativa concorrente, costituiscono principi fondamentali (come tali riservati alla legge statale), la determinazione delle figure professionali e la definizione degli elementi costitutivi e delle modalita' formative, per cui non spetta alla legge regionale creare nuove professioni o introdurre diversificazioni in seno all'unica figura professionale disciplinata dalla legge statale [...]; coerentemente sono ritenuti lesivi i provvedimenti regionali che regolano ultra vires i percorsi professionali sanitari invadendo la competenza statale (cfr. Cons. Stato, sez, V, 8 luglio 2010, n. 4427); in definitiva, la circostanza che il T.U.L.S. contempli ancora formalmente la figura del massaggiatore - capo bagnino degli stabilimenti idroterapici e' irrilevante in assenza di una compiuta disciplina di settore armonicamente ricomposta sui due livelli di competenza previsti dalla Costituzione (statale e regionale)». Il Consiglio di Stato, inoltre, ha evidenziato come le riforme intervenute nel 1999 (in particolare la legge n. 42 del 1999, che ha trasformato le arti sanitarie ausiliarie in professioni sanitarie, attraendo la relativa formazione nell'area del diploma universitario, nonche' l'art. 3-octies del d.lgs. n. 502/1992), «dimostrano che le nuove professioni non possono cominciare a vivere nell'ordinamento se manca l'individuazione dei profili che le caratterizzano e la descrizione dei relativi percorsi formativi». Peraltro, a ulteriore dimostrazione di come, nel settore sanitario, le esigenze di unitarieta' nella disciplina delle professioni assumano carattere di particolare importanza, si ritiene opportuno richiamare la legge 1° febbraio 2006, n. 43, che prevede, ai fini dell'individuazione di nuove figure professionali, nell'ambito delle aree professionali sanitarie gia' individuate a livello statale, una procedura molto complessa che implica anche il coinvolgimento della Conferenza Stato-regioni e il necessario parere tecnico-scientifico del Consiglio superiore di sanita'. Si ritiene, pertanto, che l'art. 4 della legge regionale n. 6/14 citata, nel disciplinare il percorso formativo per l'esercizio dell'arte ausiliaria di massaggiatore e di capo bagnino, contrasti con la richiamata legislazione statale in materia di «professioni» e di «tutela della salute» e, conseguentemente, violi l'art. 117, comma 3, della Costituzione.